II vecchio palazzo centrale dell'Università, il famoso Bo, fu molto rimaneggiato negli ultimi cinquant'anni. Cominciamo dalla bella facciata che fronteggia il Municipio. Qui decisamente il rimaneggiamento, che si potrebbe piuttosto chiamare un ripristino, miglioro di molto I'aspetto dell'edificio. II portico infatti era tutto occupato dai negozi, che ora sono all'interno. Cosi oltre che rendere più ariosa e solenne la fronte del palazzo si ricavo anche un comodo passaggio per i pedoni, allargando quindi 10 spazio per i veicoli. ... II portone di bronzo che ricorda gli studenti caduti nella guerra 15-18 era nel mezzo, proprio sulla strada, mentre ora I'ingresso si trova più indietro ed e chiuso con un cancello, che permette al passante di ammirare II portone di bronzo e stato posto nel secondo ingresso che si trova un centinaio di metri più oltre, nell'ala nuova, che diremo « fascista », del palazzo. Del portone riparleremo altrove diffusamente. L'ala nuova, senza dubbio più funzionale e spaziosa dei vecchi edifici, fu costruita nel periodo fascista e quindi risente di quella pretenziosa retorica (la chiamavano « stile ») che si manifestava non 6010 nei reboanti discorsi dei gerarchi, ma anche nell'architettura e nelle scritte eroiche e guerriere, nelle statue sempre muscolose e pettorute. Comunque bisogna riconoscere che fu un lavoro utile e lodevole ai fini pratici. Tuttavia non si può ricordare senza un certo rimpianto il vecchio complesso di edifici dove c'era un po' di tutto: qualche auletta, la segretaria, I'archivio. II cortile semplice, mentre ora e doppio, era veramente delizioso, col suo giardinetto con alberi e due busti eli bronzo uno dell'Ardigò e uno del Guerzoni che guardavano benevolmente gli studenti di passaggio 0 fermi a chiacchierare, a fumare, a dar un'ultima frettolosa occhiata alla materia d'esame. L'Ardigò si distingueva per la lunga barba fluente anche nel bronzo, il Guerzoni per i due enormi baffi che I~ rendevano simile al simpatico prof. Crescini, il quale appunto aveva dettato la scritta incisa sotto il busto: « Garibaldino nell'armi e nelle Lettere). Garibaldino nell'armi ere ben chiaro, perche il Guerzoni era stato un
combattente con Garibaldi, « nelle Lettere » era un po' meno chiaro, ma forse alludeva all'impeto di certi suoi La sua faccia nondimeno aveva I'espressione di un gran buon uomo, com'era I'allora vivente prof. Crescini, sicché il busto pareva a qualche studente I'immagine del prof. Crescini con dedica scritta dal prof. Crescini. Gli edifici intorno al cortile erano vecchi e modesti, venuti su, si vede, un po' a caso o secondo i vari bisogni, rna avevano una specie di « personalità » (come i Portici padovani), invece dell'« anonimo » freddo e apparentemente solenne di quelli attuali. Non avevano alcuna pretesa di bellezza, anzi erano piuttosto brutti, rna erano « casalinghi» e lo studente vi trovava un bonario calore, Ii prendeva in confidenza e vi si trovava bene. C'era, per esempio, una piccola aula, poco più d'una comune stanza, a gradinate di legno, colle finestre che davano sul canale scorrente placido (ci passava anche qualche raro barcone da trasporto) dove ora c'è Ia via dei Ponti Romani. In essa teneva il suo corso di storia dell'arte il prof. Andrea Moschetti (anche Direttore del Museo Civico). Le Lezioni erano nel tardo pomeriggio; d'inverno era già notte, sicché non occorreva neppur chiudere le finestre per proiettare le diapositive che il professore spiegava appassionatamente agli studenti (una trentina al massimo). In un'altra aula, ancora più piccola, a pianterreno. coll'ingresso proprio sul cortile teneva le sue Lezioni di grammatica greco - latina il buon professore Pietro Rasi, di vecchia famiglia padovana. Gran galantuomo anche nel campo degli studio Ricordo di lui, per esempio, un « onesto » commento di Orazio. Chi abbia un po' di pratica di commenti scolastici capisce cosa voglia dire e che peso abbia la parola « onesto ». II commento non e zeppo di alta sapienza e di osservazioni peregrine e raffinatissime, rna « centra » e risolve le non poche e gravi difficoltà dei versi di Orazio, senza diffondersi in sproloqui dove il testo e facile, chiudendosi invece in dignitoso o sdegnoso (?) silenzio quando e difficile. Insomma tornando al nostro cortile, era anch'esso 1'espressione d'un povero mondo che stava per crollare nelle guerre più spaventose che la storia ricordi. Era un mondo sbagliato, se tutti i suoi ideali dovevano portare alle stragi orrende, al fascismo, al nazismo, a tutte le crisi dell'età moderna, ma gli uomini vecchi e giovani di allora non devono essere soltanto disprezzati. Essi « credevano ». Pensavano col Carducci: « il mondo 'e bello e santo e l'avvenir ». Oggi quella fede di allora nell'avvenire del mondo suona come atroce ironia. Ma da questa facile critica e svalutazione si cerchi di trarre impulso a far meglio. In tal caso anche gli errori e le miserie del passato possono trovare una loro redenzione.
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